Le persone che ho incontrato: Gioconda

 

 

Gioconda separata dal marito in giovane età, convive da tempo con una persona, con la quale ha messo al mondo tre figli, in tutto sei, con quelli avuti dal primo marito.

 Sono ragazzi buoni, intelligenti e studiosi, che danno molte soddisfazioni alla madre. La famiglia vive in  una stanza, presso una locanda a spese del Comune, in attesa che le venga assegnato un appartamento.

 La donna è abituata al sacrificio e al lavoro e non si perde d’animo anche quando  il compagno viene licenziato dal posto di lavoro. Gioconda accetta di volta in volta il lavoro temporaneo di bidella , di infermiera o collaboratrice domestica, riuscendo a procacciare il pane alla famiglia.  Diverse volte mi è capitato di trovarmi con lei all’ora della cena e di assistere al consueto rito:

Gioconda prende da sotto il letto una pentola, che poi riempie d’acqua e mette a bollire su un fornellino elettrico, nonostante il divieto della padrona della locanda.

 La donna deve sfamare i suoi figli con una pasta a" olio e aglio" e osa infrangere il divieto. I figli sono già sistemati intorno al tavolo, in attesa che la pasta venga scolata, quando si sentono dei passi sospetti. Gioconda afferra la pentola e la fa sparire sotto il letto. Passato il pericolo, i bambini attendono buoni buoni, il momento opportuno per la cena. Il più piccolo della schiera è Ovidio, di pochi  mesi, non ancora battezzato per mancanza di mezzi, dice Gioconda, per acquistare la vestina bianca e i dolci per la festa. Dietro interessamento del parroco, Ovidio riceve il sacramento del battesimo con la vestina bianca di mio figlio, seguito dall’invito, che conclude la bella cerimonia. Quella vestina, lavata e stirata,è servita in seguito anche ad un mio nipotino, ricordando ai genitori che era stata indossata da Gesù Bambino, impersonato dal piccolo Ovidio. I figli di Gioconda crescono e i due  maggiori dopo l’obbligo scolastico, trovano lavoro come manovali in un’impresa edile, riuscendo ad aiutare economicamente la famiglia. Dopo  tanti anni rinchiusi nella" tana" della locanda, viene assegnato a Gioconda un alloggio comunale, in cui la sua famiglia trova finalmente respiro e libertà. Un brutto giorno, la donna viene abbandonata dal compagno, che le lascia sulle spalle la numerosa prole. Il piccolo contributo  che le passa il suo ex marito, non basta ad acquistare pane e latte; ma la giovane donna è dotata di una forte tempra e non si piega ai colpi mancini della sorte. Lavorando di casa in casa trova anche il coraggio di innamorarsi di nuovo e dal rapporto con una persona più giovane di lei, nasce il settimo figlio. Nella sua povertà è anche generosa nei riguardi di una sua amica più sfortunata di lei, Carla, madre di due bambini e moglie di un tossicodipendente, che di tanto in tanto sale alla ribalta per dei furti, che lo portano in carcere, lasciando la famiglia alla fame. Carla viene aiutata da Gioconda, con qualche bricco di latte e qualche pacco di pasta. In seguito Carla si ammala di cancro e Gioconda la sostiene con la sua amicizia, facendo da vice mamma ai suoi bambini. Dopo una lunga "Via Crucis", la donna muore lasciando i suoi figli, Luigi ed Antonio, alle zie materne, mentre al marito viene tolta la patria potestà. Luigi, oggi  quindicenne, frequenta la scuola alberghiera e Antonio la terza media. Sono sempre uniti e si confortano a vicenda nei momenti critici, specialmente quando capita loro di incontrare il padre, in una strada trafficata della città, mentre chiede la carità con un cartello appeso al collo "Fate la carità per sfamare i miei due figli". E’ sempre molto doloroso questo incontro, anche se non si fanno riconoscere, ma non possono fare a meno di ricordare con nostalgia il periodo della loro infanzia, quando l’uomo, come un buon papà, trascorreva il tempo libero con loro, giocando con i soldatini e le automobiline. I due ragazzi amano ancora il padre ma non sono in grado di aiutarlo e perciò si adeguano agli ordini delle zie, non abbandonando  la speranza di poterlo un giorno aiutare a ritrovare la dignità perduta.

 

2 commenti

  1. Cara Sebastiana, dopo averti visto in TV, mi sono incuriosita ed ho voluto visitare il tuo sito. Complimenti, davvero complimenti sinceri. Per il momento ho fatto capolino qua e là, ma mi è stato sufficiente per avere conferma di che bella persona sei. Anagraficamente potresti essermi mamma, ma leggendoti mi sembra d’aver trovato una nuova amica. Mia mamma ha 88 anni ed è piuttosto malandata, ma con la testa sta ancora bene. Anche lei è molto buona e religiosa ma purtroppo sia per carattere, sia per motivi di salute non ha il tuo sprint. Però come te, scrive poesie e che belle poesie. Sono rime piene di sentimento, di sensibilità e magari in seguito te ne invierò qualcuna. Mi piacerebbe tanto che anche lei fosse attiva come te, ma ormai è inutile sperarlo. Io ti scrivo da Roma e mia madre invece sta in un paese a 4o km da me e vive con una badante. Vorrei tanto averla vicina ma non è possibile, anche perché lei – pur soffrendo della lontananza dalle figlie – preferisce stare in casa sua. In questi giorni sta anche piuttosto male ed io sono molto preoccupata. Ti chiedo perciò d’inserire tra le tue preghiere anche una preghiera per lei. Ho letto ciò che hai scritto alla fine di uno dei tuoi racconti “Quando sei giovane vai dove vuoi, ma quando sei vecchio, vai dove gli altri ti portano”. Mi ha fatto pensare questa frase e quindi ora credo che tutto sommato se la mia mamma sta lontano, ma sta tra le sue cose, in casa sua – dove altrimenti lascerebbe l’anima – sta meglio che in posti piu’ comodi magari per noi figlie in quanto sarebbero piu’ facilmente raggiungibili. Grazie Sebastiana per i tuoi racconti, per le tue genuine testimonianze e per tutto quello che fai. Ce ne vorrebbero tante di piu’ di persone come te ed io mi auguro di riuscire a seguire il tuo esempio. Un affettuoso abbraccio

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  2. Complimenti nonna Tiana!
    Anche mia madre è una “vecchia” maestra, ma come te non è vecchia!
    Anche lei aiuta chi ha bisogno e fa parte di un’associazione che accompagna i malati terminali verso una morte “dignitosa”… che dire a te e a lei?
    Che carattere!
    Noi “giovani” diciamo che siete persone con le palle, ma capisco che a Voi, della scorsa generazione, questa espressione non piaccia, ed è giusto!
    Ti ho appena vista a RAI2 da Magalli, sei forte!
    Continua a raccontarci le tue storie!
    Un abbraccio
    Sonia

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